Fin dall’antichità “La Perla dell’Asia” è stato il nome attribuito a Phnom Penh per i suoi viali pieni di frangipane con i loro fiori profumati che rendevano la capitale una vera oasi lussuosa.
Forse ho avuto troppe aspettative, sono stata ammaliata dai racconti che leggevo su internet e dalle esperienze che mi aveva raccontato chi c’era già stato.
Addirittura ho sentito dire che servono almeno 3 giorni per poter visitarla…ma la verità, almeno per me, è un’altra.
Capisco che avendo iniziato il mio viaggio con Siem Reap e la valle dei templi di Angkor, passando poi alla vita rurale in mezzo alle campagne di Battambang, fosse quasi impossibile riuscire a superarle, ma ammetto che un po’ di delusione mi è rimasta.
Non che non sia una bella città, c’è qualcosa da vedere per riempire almeno una giornata, ma è molto lontana dalla Cambogia che avevamo visto fino ad ora!
Ormai è diventata a tutti gli effetti una metropoli e ci si può trovare di tutto: le catapecchie lungo la strada accanto al bar cool con aria condizionata, i palazzoni altissimi che ospitano hotel e uffici che affacciano su mercati dove i venditori locali si ritrovano immersi nell’inquinamento, i soliti tuk-tuk driver lungo le strade, che quasi tormentano i turisti per aggiudicarsi una corsa (ben diverso dall’atteggiamento dei colleghi nelle altre città), il tratto del Mekong che bagna le rive della città osannato come fosse la miglior opportunità per godersi un tramonto indimenticabile in traghetto, quando invece le rive che hanno cementato sembrano discariche…
Mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca, ciò non toglie che ritengo sia essenziale passare da Phnom Penh almeno per un giorno durante un tour della Cambogia, perché la Cambogia è anche questo.
In verità penso che Phnom Penh stia solo cercando di diventare qualcosa, di rendersi moderna ed appetibile agli occhi dei grandi tour operator e soprattutto di risalire nel gradimemto, dopo gli indicibili massacri avvenuti anni fa dovuti ai Khmer Rossi.
Noi Italiani conosciamo molto bene cos’è successo durante la 2° guerra mondiale in Europa, lo sterminio degli ebrei, i campi di concentramento, i dittatori spietati; studiarlo fin da piccoli tra i banchi di scuola ci ha sempre messo di fronte a questa crudele realtà…
Anche la Cambogia ha una storia simile.
Un giorno sono saliti al potere i cosiddetti Khmer Rossi, che pur di governare senza nessun intralcio, iniziarono a giustiziare chiunque mettesse loro i bastoni tra le ruote, tra cui anche molte persone con un’istruzione, per la paura di poter essere destituiti.
Ma i Cambogiani sono riusciti a sconfiggere questo regime di dittatura e a risorgere, il sovrano attuale si sta impegnando per far crescere l’economia e il turismo, essenziali ormai per questa Nazione.
Il simbolo di Phnom Penh è senz’altro il PALAZZO REALE, un’imponente struttura dorata recintata, situata su una grande piazza che affaccia sul fiume Mekong.
Pensando che nella capitale fossero un po’ più aperti di mentalità mi sono presentata all’ingresso in canottiera, non l’avessi mai fatto, ho dovuto indossare l’unica cosa che avevo dentro allo zaino e che mi coprisse le spalle: un impermeabile…non vi dico la condensa con tutto il caldo che faceva…Quindi ragazze, copritevi! Anche se ci sono 35 gradi!!
Una volta dentro si apre un giardino infinito, pieno di fiori ed alberi maestosi potati in maniera maniacale.
Purtroppo alcune zone sono recintate perché la famiglia reale ci abita tutt’ora, quindi non è possibile entrare dentro alla Sala del Trono, ma vederla solo da alcune finestre, e nemmeno nella Pagoda d’argento, che deve il suo nome alle piastrelle di questo colore al suo interno.
Ma l’esterno dei palazzi e delle pagode è veramente bello, i colori brillanti catturano subito lo sguardo, è come se mi avessero ipnotizzato…
A pochi passi si trova il MUSEO NAZIONALE, una struttura color rosso mattone in stile Khmer, immerso in un giardino dagli alti alberi.
Non è nulla di speciale, si possono trovare raccolte di statue e utensili antichi, pietra ar
enaria decorata con i motivi che ricordano quelli di Angkor e un piccolo cortile interno con qualche fiore, piante e stagni con pesci.
Se passate da qui, assicuratevi di prenotare un biglietto per gli spettacoli serali delle danzatrici Cambogiane.
Vengono messi in scena la sera presso il bar/ristorante situato sul retro, merita davvero vedere i loro costumi particolari e i balli tipici.
In una zona più remota della città si trova il MUSEO DEL GENOCIDIO TOUL SLENG.
Muniti di audioguida (manca la lingua Italiana) abbiamo ripercorso i passi di chi venne rinchiuso per un’idea diversa da quella imposta.
Era una scuola quando fu trasformata in prigione dai Khmer Rossi, si può vedere come siano state trasformate le aule e le zone comuni in camere della tortura.
Nel cortile sono stati piantati grandi alberi di frangipane, al centro le regole da rispettare della prigione scritte in 3 lingue diverse e qualche bara contenente i corpi delle vittime ritrovate al momento della liberazione dell’ex scuola.
Quasi come contrasto a tutto il male fatto in quel periodo, questo posto ora ai miei occhi è parso come una piccola oasi di silenzio, calma e tranquillità che fa riflettere, ti fa scavare nel profondo…in mezzo a tutto il caos e al traffico della metropoli al di fuori delle mura.
Anche se è lontano, anche se i tuk-tuk driver vi spareranno cifre altissime, non esitate a recarvi al CAMPO DI STERMINIO DI CHOEUNG EK per concludere questo salto nel passato della storia tragica del popolo cambogiano.
Si trova a circa mezz’ora di distanza dal centro, fare questo percorso con il tuk-tuk attraversando tutta la città è stato abbastanza impegnativo, si incontrano anche zone spesso malfamate, ma la visita merita il viaggio.
Visivamente parlando non è nulla di speciale, si viene muniti anche qui di un’audioguida che fa ripercorrere i luoghi in cui erano situate le varie strutture e termina con una stupa, ossia un memoriale, al cui interno si trovano ossa ritrovate nelle fosse comuni dove si può portare un fiore in segno di ricordo.
E qui, seduti su una panchina, siamo rimasti lunghi minuti a guardarci intorno, stando a contatto con la natura che è cresciuta dopo questi anni bui, a pensare, a riflettere…non lo si fa mai abbastanza, non si ha abbastanza tempo nella vita di tutti i giorni, sommersi dal lavoro, dagli impegni, dalle relazioni con amici e famigliari.
Insomma, alla fine, non ci siamo portati a casa un brutto ricordo di questa città.
DOVE MANGIARE
Non mi aspettavo di trovare così tanti ristoranti e bar che servissero cibo europeo, c’è l’imbarazzo della scelta nella strada che costeggia il fiume.
D’altronde ci troviamo pur sempre nella capitale e sarebbe stato impensabile credere che la globalizzazione non fosse arrivata anche qui.
Tuttavia abbiamo cercato di rimanere fedeli alla tradizione cambogiana, prediligendo posti ricercati e di cucina tipica Khmer.
River Crown Restaurant (Preah Sisovath, vicino al National Museum) – Un ottimo localino sul lungo fiume dove poter bere qualcosa e pranzare in tranquillità con piatti tipici. Ottime le bevande alla frutta.
Friends (Street 13, vicino al National Museum) – Ci è subito saltato all’occhio per la sua facciata color giallo che risalta in mezzo agli altri ristoranti per turisti. Non potevamo fare scelta migliore, piatti Cambogiani rivisitati in chiave moderna ed impiattati in maniera superlativa. Il bello di questo posto è che i ragazzi che lavorano in cucina e come camerieri vengono da realtà difficili e l’associazione “Friends” li aiuta ad inserirsi nel mondo del lavoro. Da provare assolutamente!
DOVE ALLOGGIARE
Ok Boutique (Hotel St 19z)
A Phnom Penh i costi sono un po’ più alti rispetto alle altre zone della Cambogia, a partire dai biglietti dei musei, alle cifre proposte dai guidatori di tuk-tuk, quindi anche gli Hotel subiscono un notevole aumento.
Non potevamo fare scelta migliore, arredato nel tipico stile Khmer, piscina sul tetto, camere ben tenute e vicinissimo al Museo Nazionale e Palazzo Reale, un’ottima scelta!